Si. Il silos è considerato per eccellenza “ambiente sospetto di inquinamento o confinato”.
Il DPR 177/2011 regola il sistema di qualificazione delle imprese che operano in tali siti. Corsi di formazione adeguati possono fornire le competenze e le conoscenze per operare sempre in massima sicurezza e rispetto delle leggi.
È possibile che materiale organico (cereali o farine) stoccato e non movimentato per lungo tempo all’interno di un silos con umidità e alte temperature generi un processo di fermentazione con produzione di CO2 (anidride carbonica). La CO2 è un gas inerte, incolore e inodore, non infiammabile, più pesante dell’aria che si stratifica verso il basso. Una concentrazione elevata di CO2 rende l’atmosfera asfissiante e di conseguenza non respirabile.
Il nostro personale effettua la misurazione dei parametri dell’aria all’interno del silos con un rilevatore multigas per monitorare costantemente la percentuale di ossigeno, il livello di esplosività (% LEL), la presenza di monossido di carbonio e quella di acido solfidrico.
La possibilità che si verifichi un esplosione all’interno di un silos è data dalla presenza e concomitanza di diversi fattori.
Innanzitutto si deve creare un’atmosfera con polveri in sospensione dovute generalmente ad attività di carico del silos sia pneumaticamente sia meccanicamente.
Un’atmosfera polverosa diventa potenzialmente esplosiva quando il suo range di concentrazione polveri è tra i 10 mg/L e i 6 g/L.
Gli altri due elementi necessari per il verificarsi di un’esplosione sono l’innesco (scintille, calore) e il comburente (ossigeno).
Da qui si capisce l’assoluta importanza di avere un efficace sistema di “messa a terra” della corrente elettrostatica che si genera all’interno delle tubazioni durante il carico pneumatico dei silos.
No. Sono potenzialmente esplosive anche le polveri di zucchero, di cacao, di caffè, di ferro, di alluminio, di materie plastiche, di carbone quando le condizioni di sicurezza non sono perfettamente rispettate.
No. Il lavaggio delle pareti interne dei silos avviene con acqua in pressione a circa 200/250 bar. Se si considera che l’asportazione di un vecchio rivestimento con acqua richiede l’azione di idropulizia a 2.500 bar, significa che se un rivestimento si danneggia o si stacca con azione di 250 bar siamo in presenza di una verniciatura che non ha adesione alla superficie e richiede quindi una manutenzione.
Molto probabilmente siamo quindi in presenza di un rivestimento che presenta già dei distacchi con conseguente inquinamento e contaminazione del prodotto stoccato.
Si. L’utilizzo di acqua calda a 90°C facilita il lavaggio e conferisce un elevato grado di sanificazione del silos.
Non sempre. La superficie può essere adeguatamente preparata con proiezione di un getto di acqua in pressione evitando così la produzione di polveri e la loro immissione in ambiente.
La continua ricerca delle aziende produttrici di sistemi anticorrosivi ha permesso di sviluppare prodotti che forniscono risultati eccellenti anche su superfici non preparate con sabbiatura.
No. Il ciclo di posa di un rivestimento è relativamente veloce. Quando i tempi di fermo impianto sono davvero ristretti per esigenze produttive, si può utilizzare, ove possibile, un rivestimento con polimerizzazione di pochi secondi.